Passeggiando lungo il corso vecchio di Teramo, salendo da Porta Madonna verso il centro, già all’altezza della chiesa di San Domenico si inizia a scorgere la bellezza suggestiva di un grande portale in pietra e, man mano che si avanza, la suggestione di una facciata austera e maestosa: quella della Cattedrale di San Berardo, il duomo di Teramo.
La sua storia è strettamente legate alle vicende della città perché bisogna sapere che al suo vescovo fu sempre riconosciuta la legittimità di gestire un potere politico. A lui infatti competeva il privilegio di nominare il Podestà della città e giurava fedeltà alla corona come facevano i vassalli, che però erano dei laici. Questa mescolanza, in una sola persona, di potere religioso e potere politico spiega il ruolo così importante che aveva il Duomo di Teramo. E spiega anche il fatto che essa fosse in una posizione centrale, che ancora oggi occupa nel centro storico, a simboleggiare il suo ruolo di baricentro della città medievale.
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Ricostruzione e Umanesimo
Fu costruita ex novo tra il 1158 e il 1174 sulle rovine di un tempio dedicato ad Apollo della romana Interamnia, e sostituì l’antica cattedrale di Santa Maria Aprutiensis distrutta pochi anni prima. La costruzione avvenne per fasi successive. La parte più antica è detta dagli studiosi chiesa guidiana, perché legata alla figura del vescovo Guido II che la fece costruire, e corrisponde alla porzione dell’attuale cattedrale che va dall’ingresso fino al punto in cui il pavimento si rialza.
Con l’avvento dell’Umanesimo e la consapevolezza di una nuova concezione di arte e letteratura, il vescovo Niccolò degli Arcioni colse l’occasione di alcuni restauri per ampliarla ancora. I lavori sul suolo italiano durarono dal 1332 al 1335 e la allungarono aggiungendo quella che viene detta la chiesa arcioniana; il nuovo tratto della cattedrale risultò leggermente ruotato rispetto al primo, come si vede ancora oggi. La nuova chiesa fu arricchita anche dal bellissimo portale, opera fortunata di Deodato Romano, e dalla decorazione sulla parte alta della facciata, con i merli ghibellini a simboleggiare il potere temporale.
All’interno venne costruita la Cappella del Sacramento, prevista come degno luogo di sepoltura per i vescovi, tant’è che vi fu tumulato anche lo stesso Arcione. Il terzo vescovo a lasciare sulla chiesa il segno della sua potenza fu Giacomo Silverio Piccolomini. Sull’onda della Controriforma, nel 1566 fece demolire gli altari laterali per concentrare l’attenzione dei fedeli su quello maggiore.
Interventi fino ai giorni nostri
Nel Settecento intervenne il vescovo Tommaso Alessio de’ Rossi che, grazie alla maestria dell’architetto Lazzaro Giosaffatti, introdusse le decorazioni dello stile barocco all’interno e volle la grande Cappella di San Berardo, patrono della città.
Negli anni ‘30 l’interno della cattedrale fu spogliato dagli stucchi barocchi e riportata alla nuda pietra medievale, tranne che per la cappella di San Berardo . Furono demolite anche tutte le case private che nel corso dei secoli erano state costruite, l’una sull’altra, addossate alla cattedrale. L’allora Sovrintendenza ai Monumenti fece buttar giù anche l’Arco di Monsignore, un grande arco di pietra che univa il campanile con il palazzo dell’arcivescovado, nonostante la forte opposizione dell’allora vescovo Battistelli.
I tesori d’arte del duomo di Teramo
Il patrimonio di opere d’arte che il Duomo di Teramo conserva tra le sue mura è straordinario e merita senza dubbio una visita. Tra le sculture bisogna ricordare l’austero ambone retto da quattro leoncini in pietra, e il bassorilievo di San Michele Arcangelo. Tra le statue in legno il pezzo più bello è la Madonna col Bambino del Trecento, opera del “Maestro della santa Caterina Gualino”; molto bello anche il Crocifisso degli inizi del Quattrocento.
Ma è nell’oreficeria e nella pittura che la cattedrale esprime i veri capolavori. Il magnifico Paliotto, oggi alla base dell’altare maggiore, è infatti uno dei capolavori assoluti del Quattrocento abruzzese: venne realizzato tra il 1433 e il 1448 dall’orafo e scultore Nicola da Guardiagrele. È composto da 35 formelle d’argento lavorato a sbalzo con eccezionale maestria, sulle quali sono raffigurate scene della vita di Cristo. Esse sono fissate su una grande tavola in quattro file sovrapposte e negli spazi liberi sono incastonati 22 rombi dipinti a smalto.
L’altro capolavoro è il Polittico, dipinto agli inizi del Quattrocento dal pittore veneto Jacobello del Fiore. Oggi si trova sull’altare della cappella di San Berardo ed è formato da due file, dette ordini, di tavolette dipinte con figure di santi. Al centro c’è l’Incoronazione della Vergine, sopra di essa il Cristo in Pietà, e sotto si vede raffigurata la città di Teramo tra i due fiumi (dall’origine del nome latino di Interamnia). Nota curiosa: come spesso accadeva all’epoca, tra i devoti dipinti sul Polittico ci sono anche l’autoritratto del pittore e il ritratto di Nicola da Guardiagrele.
Nella Sacrestia Nuova ci sono alcune tele molto belle ed importanti: le Storie di San Berardo, dipinto nel 1623 dal polacco Sebastiano Majeskj, e la Liberazione di Teramo del teramano Giuseppe Bonolis vissuto nell’Ottocento. Dietro l’altare, sopra le sedie in legno scuro del coro, sulla parete restano alcuni bellissimi frammenti di affreschi tra cui un frammento trecentesco del Maestro di Offida e un Sant’Antonio Abate degli inizi del Quattrocento.
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