Roma, venerdì 1 Ottobre. Una “Pietà” viene svelata nella suggestiva cornice della Basilica di Santa Maria in Montesanto a Roma, la cosiddetta “Chiesa degli Artisti” in Piazza del Popolo. Si tratta della nuova opera dello scultore Jago, visibile al pubblico gratuitamente fino al 28 febbraio 2022.
L’installazione è stata curata dallo storico d’arte e project manager Tommaso Zijno e organizzata con lo Studio Arte 15, Fercam Fine Art e P.L. Ferrari, e rientra nel progetto “Una porta verso l’infinito”, l’uomo e l’Assoluto nell’arte, all’interno del ciclo Arte e Liturgia, promosso dal Rettore Monsignor Walter Insero.
“Mi colpì da subito, appena vidi il modellino in argilla, il volto di dolore inconsolabile del padre che trattiene sulle gambe il corpo esanime del figlio. Un figlio prematuramente strappato alla vita. Uno sguardo che esprime il suo tormento nell’impotenza e nell’incapacità di accettare un destino così crudele. Una smorfia di disperazione dinanzi a un evento innaturale, ma con contegno carico di dignità”. Racconta Monsignor Walter Insero nella presentazione dell’opera.
La Pietà di Jago
Il linguaggio artistico di Jago ricalca e continua quello della tradizione, in virtù di instaurare un dialogo con il passato che non è morto, ma è in continua evoluzione. Il gruppo scultoreo della Pietà di Jago riprende la celeberrima opera di Michelangelo, da cui però si distacca nettamente. La differenza sta nella rappresentazione del compianto non più della Vergine e nella rappresentazione di un dolore non sublimato in contemplazione, ma accentuato dall’acuta espressività del volto e delle mani. Nessuna idealizzazione. Con la sua Pietà Jago crea una scultura monumentale emblematica dell’iconografia sacra a cui affida l’espressione di due aspetti opposti e complementari della natura umana: la passione e la tensione all’elevazione, raffigurate dal contrasto tra il vigore della presa e un rilassamento mortale. Il tema della Pietà viene nuovamente interpretato in questo senso rinnovato: un padre che raccoglie la sua creatura da terra. L’immagine immediata di un sentimento universale che si lega ai temi della contemporaneità, come quello della guerra. Un’opera importante e significativa, nata nel laboratorio nel Rione Sanità a Napoli in sedici lunghi mesi, la Pietà di Jago rappresenta il raccoglimento umano nel momento dolore, una tensione drammatica che innerva il nobile marmo con cui è realizzata.
Jago, the social artist
Jacopo ”Jago” Cardillo, classe ’87, è un artista contemporaneo italiano che opera nel campo della scultura, della grafica e della produzione video. Nasce a Frosinone, dove frequenta il liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti che lascia nel 2010. Al 2016 risale la sua prima mostra personale nella capitale italiana. Dopo aver vissuto e lavorato in Italia, Cina e America, attualmente vive e lavora a Napoli. Per la sue doti comunicative si è guadagnato l’appellativo di “social artist”.
Già a Novembre dell’anno scorso, l’artista aveva attirato l’attenzione con la monumentale opera Look Down – un metro e sessantacinque per altrettanti centimetri di larghezza, sessantaquattro di altezza – apparsa in Piazza del Plebiscito a Napoli. La scultura di un bambino rannicchiato e incatenato al terreno è una riflessione cruda sulla difficile condizione che alcuni stanno vivendo oggi a causa dell’emergenza sanitaria del Coronavirus. “Look-down è un invito a ‘guardare in basso’ ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili.” ci racconta l’artista stesso. Una visione che si riflette nell’opera intera di Jago e che oggi trova la sua ultima concretizzazione nell’immagine della Pietà.
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